cm. 25 x 17,5, pp. 464 + due cartine ripiegate, volume rilegato, firma di appartenenza al frontespizio, in buone condizioni.
Questo libro contiene la storia della spedizione dell’«Italia», dal giorno in cui fu per la prima volta concepita a quello in cui i superstiti della catastrofe, dopo le terribili vicende ad essa seguite, tornarono in Roma.
Nell’esposizione ho avuto di mira soprattutto la precisione, sforzandomi di essere obiettivo e sereno, nulla affermando che non fosse documentato, o da me personalmente constatato o controllato. In nessun conto ho tenuto le facili critiche dilagate dopo la catastrofe, ritenendo che non fosse qui il posto di far commenti o polemiche. Né, scrivendo questa storia, mi sono domandato se l’uno o l’altro dei fatti da me raccontati giovassero o pur no a ribattere le critiche stesse, essendo convinto che quando le proprie azioni sono state costantemente illuminate da una pura coscienza e dirette dal sentimento di un alto dovere e dalla nobile ambizione di portare in alto il nome della patria, la verità non può essere dannosa.
La scomparsa dell’«Italia» nel cielo polare, alla fine del suo terzo viaggio di esplorazione, dopo duecentotrenta ore di volo, commosse tutto il mondo civile. Presto si videro Svedesi, Norvegesi, Russi, Finlandesi, Francesi unirsi agli Italiani nell’affannosa ricerca dei naufraghi. Noi stessi, pur isolati, com’eravamo, nel deserto di ghiaccio, abbandonati alla mercé delle derive e dei venti, potemmo, grazie al miracoloso ritrovamento della radio ed all’abilità del nostro Biagi, assistere alla generosa gara di umana solidarietà, in cui accanto agli uomini delle altre nazioni rifulse lo slancio dei Marinai e Aviatori d’Italia, la tranquilla audacia degli Alpini, l’accorto ardimento di giovani Universitari. Così nella storia delle esplorazioni polari, il secolo nostro ha visto ripetersi la nobile competizione, per cui già nel secolo scorso decine di spedizioni mossero alla ricerca della spedizione di Franklin, costata questa all’umanità centinaia di vite ed enormi spese di denaro; così, anche questa volta, si è vista, purtroppo, qualcuna delle stesse spedizioni di ricerca funestata da accidenti, nei quali incontrarono morte gloriosa Norvegesi e Francesi, con a capo Amundsen e Guilbaud, nel momento stesso in cui dall’Europa volavano verso il Nord per tentare la salvezza dei naufraghi; e più tardi Penzo, Crosio e Della Gatta, i generosi che il destino volle crudelmente abbattere sul suolo francese, proprio mentre erano per tornare in patria, dopo alcuni memorabili voli, eseguiti a nord delle Spitsbergen, per recare aiuto di alimenti ed altre cose di vitale necessità ai sei della «tenda rossa».
Ma il sacrificio di quelle preziose vite non andrà perduto, come non andrà perduto il sacrificio dei miei compagni dell’«Italia»: Pontremoli, Malmgren, giovani scienziati, promettenti glorie dei paesi ai quali appartenevano: Arduino, Caratti, Pomella, Ciocca, motoristi dal cuore d’acciaio; Alessandrini, l’impareggiabile compagno del «Norge»; Lago, cuore ardente di siciliano, primo giornalista che abbia volato sul Polo. Né senza profonda commozione ricordo qui che ben cinque di questi compagni, dopo aver già una prima volta con me conosciuti i rischi delle regioni polari, vollero consapevolmente affrontarli una seconda volta, pur di contribuire ad un’impresa altamente scientifica ed italiana. Il sacrificio di queste nobili esistenze non andrà perduto, anche perché la spedizione dell’« Italia », preparata con coscienziose cure, ha dato frutti scientifici, di cui una precisa relazione è testé comparsa in un’opera pubblicata da Justus Perthes di Gotha (*): ed in quanto alle spedizioni di ricerca, tutta una preziosa messe di osservazioni geofisiche è stata raccolta: tutto un tesoro di esperienze pratiche nell’impiego sul mare polare di aeroplani a pattini, di idrovolanti, di navi rompighiacci, è stato acquistato; compiendosi in una sola estate, nella conoscenza e nell’uso dei mezzi di esplorazione polare, un progresso enorme che non era stato conseguito in anni ed anni di ripetuti tentativi.
Nel narrare le vicende delle spedizioni di ricerca, non essendo possibile evitare taluni punti del racconto, mi sono di proposito limitato ai fatti più salienti. Ma devo qui proclamare che in mezzo a tanta gloria, tanta profusione di scienza, di intelletto, di eroismo, nulla potrà mai diminuire quell’insieme cospicuo di sforzi generosi compiuto; a lor volta, altissime furono le benemerenze acquistatesi dalla Marina Italiana nel collaborare alla preparazione ed alla effettuazione dell’impresa e delle stesse opere di soccorso. L’impeto e l’abnegazione nobilissimi degli ufficiali e marinai italiani resteranno, per certo, indimenticabili nella storia della nostra spedizione.
Questo libro viene pubblicato a distanza di oltre un anno e mezzo dagli avvenimenti; né ciò avviene per caso, avendo voluto evitare che un’opera di serena documentazione storica, com’è questa, potesse comunque dare l’impressione di un libro di polemica, che era ben lontano dalle mie intenzioni.
Dopo la catastrofe abbiamo vissuto giorni memorabili. Messi faccia a faccia con le forze brute della natura, fuori dal mondo civile e senza nessuna speranza di tornarvi, acquistammo il sentimento della nostra impotenza, sentimmo tutta la nostra nullità, la vanità del nostro piccolo orgoglio di uomini. Più tardi vedemmo nel fondo degli animi l’agitarsi di torbide passioni, il prevalere degli istinti più bassi. In pochi mesi vivemmo l’esperienza di diecine di anni.