cm. 21,5 x 14,5, pp. 478, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
L’ingresso delle truppe di liberazione jugoslave nella Venezia Giulia, il regime di democrazia popolare da esse instaurato, le azioni repressive intraprese verso gli oppositori sloveni e italiani (perché non comunisti o non favorevoli ad una soluzione jugoslava del problema nazionale) turbarono anche l’animo di quanti, pur avendo salutato con speranza le brigate liberatrici, non videro un rapido ritorno a condizioni di normalità dopo anni di sofferenze e di terrore. I più colpiti furono alcuni ceti sloveni e croati, mentre i più delusi si ebbero fra gli intellettuali che avevano seguito con trepidazione il progresso e l’avanzata delle truppe anglo-americane, da un lato, e delle formazioni partigiane dall’altro.
Sulla vicenda che ha visto coinvolte queste persone e soprattutto sulle loro idee, sulle loro speranze, è imperniato questo libro, scritto da un intellettuale che, pur avendo profondamente sentito la causa slovena, non poteva abbracciare la soluzione dei comandanti partigiani.
L’opera di Novak, di ampio respiro, ricerca anche le cause e le origini di queste illusioni e del rifiuto finale (concretatosi, per molti, nell’esilio) ma soprattutto esamina – basandosi su una copiosa letteratura jugoslava anche non comunista la situazione storica delle minoranze slovene e croate.
Nel considerare la questione giuliana sotto questo profilo, l’autore chiarisce in particolare gli atteggiamenti assunti fra il 1945 e il 1947 da quella parte della popolazione slovena e croata della regione che non aderì al comunismo, sottolineando come accanto al massiccio esodo degli italiani da Pola – si collocasse quello (pur in scala minore e poco propagandato) di sloveni nell’alta valle dell’Isonzo. Altrettanta attenzione l’autore pone nel ricercare il ruolo e l’attività dei gruppi politici sloveni (liberaleggianti e cattolici) operanti, nel dopoguerra, nel triestino e nel goriziano.