2 voll., cm. 20 x 13, pp. 452 + 574, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Le Storie contro i pagani di Orosio è uno dei libri una volta più famosi e oggi meno conosciuti della letteratura latina. Venne scritto su invito di sant’Agostino in uno dei momenti più tormentosi della storia antica, sotto l’angoscia delle prime invasioni barbariche, e per l’impulso di sentimenti contrastanti. Esso è infatti sia la voce dei popoli un tempo vinti e schiacciati da Roma, sia quella delle nuove genti cristiano-barbariche, sia la voce della tradizione imperiale romana. Così la storia di Roma ci è presentata ora come una tenebrosa catena di scelleratezze, ora come il luogo luminoso che Dio ha scelto per i propri disegni.
Accanto alla storia di Roma, Orosio racconta quella degli altri popoli del mondo – egizi, assiri, ebrei, sciti, greci, troiani, persiani, spagnoli… – da Adamo fino ai tempi di Costantino e di Teodosio. Dovunque egli guardi, la sua fosca fantasia di narratore scorge distruzioni, massacri, delitti, pestilenze, terremoti, incendi, tragedie senza misura che generano di continuo tragedie egualmente efferate. Tutta la storia passata gli sembra uno sterminato accampamento avvolto dalle ombre della notte: egli riesce a scorgere soltanto innumerevoli fuochi, i quali all’improvviso si trasformano in meteore di guerra. Quale senso ha questo strano spettacolo? Quale legge guida la storia, oltre la perenne mutazione della fortuna, simile alla marea che ora cresce ora decresce? Spesso lo sguardo di Orosio è smarrito e incerto. Egli tenta paragoni tra eventi lontani, descrive corrispondenze e cicli storici, come uno Spengler o un Toynbee del mondo antico. Alla fine, scopre nello svolgimento dei fatti l’arcano passaggio di Dio nella storia, che dapprima preferisce nascondersi tra di essi, tessendo una trama incomprensibile; e si rivela a tutti gli uomini soltanto nell’epoca gloriosa e dolorosa in cui vive Orosio.