cm. 27 x 19, pp. 526, copertina rigida, dedica a penna, in condizioni molto buone.
Questo libro nasce da una domanda postami da mio figlio: Papà, che cos’è la guerra?
Avrei voluto rispondergli che la guerra, per quanto mi riguardava, era il pianto disperato di un bambino come lui che mi giunse una volta debolissimo dalla cantina di una casa distrutta dalle bombe, l’espressione smarrita di un milite della Repubblica di Salò che reggendosi gli intestini con le mani mi chiedeva «Perché?» finché morì, la faccia serena di un operaio impiccato con il filo di ferro ad un pilone – sul petto aveva un cartello con scritto «Achtung! Partisanen!» – e le semplici parole con le quali un soldato motociclista tedesco, fermatosi una sera di pioggia al paese mio, mi raccontò di avere perso madre, padre, sorella, moglie e figli nell’ultimo bombardamento aereo di Amburgo. Mi venne il dubbio che mio figlio, e tanti altri come lui, non mi avrebbe capito; del resto la mia testimonianza era troppo limitata e incompleta. La guerra è anche altre cose; di queste non avevo esperienza.
Ma intuii anche che non era il caso di raccoglier storie su Annibale o sulle guerre napoleoniche: dei nostri padri e di noi bisognava parlare. Questo libro inizia pertanto con la storia di un uomo e della sua guerra nell’Africa Occidentale Tedesca nell’anno 1914 e termina prima della distruzione di Hiroshima con la bomba atomica.
E ancora: la domanda era troppo importante e precisa perché la mia risposta fosse semplicemente informativa. Questo libro nel suo complesso è contro la guerra in generale e contro alcune guerre in particolare. Non vi sono guerre sante, ma è bene stabilire che in una guerra c’è sempre una delle due parti che ha più ragione dell’altra; questo è stato, a parer mio, particolarmente vero nell’ultima guerra.