Caratteristiche e condizioni:
cm. 19,5 x 11,5, pp. 568, brossura, in ottime condizioni.
Contenuto:
Il nome di Francesco Acri, filosofo e letterato tra i più insigni dell’Ottocento e Novecento italiano, rimane affidato soprattutto alle sue versioni di Platone. Fra i dialoghi del filosofo ateniese l’Acri scelse quelli — i più famosi, del resto — di più alta e pensosa meditazione sull’uomo, sui temi fondamentali del suo destino: «Eutifrone», «Apologia di Socrate», «Critone», «Fedone», «Assioco», «Ione», «Menone», «Alcibiade», «Convito», «Parmenide», «Timeo», «Fedro»; e vi lavorò con gusto e accanimento, riversandovi non solo la sua eccezionale conoscenza delle due lingue, ma la sua sincera adesione alla problematica platonica. L’influsso che quest’opera ebbe sul modo di intendere e di leggere Platone nei decenni successivi fu enorme. Come scrive Piero Treves nel saggio introduttivo — che è un quadro insolitamente ricco e articolato di tutto un momento della cultura italiana fra Ottocento e Novecento — «non forse il “platonismo” italiano del nostro secolo, ma certo l’uso frequente di volgarizzare Platone… discende direttamente dall’Acri, dall’abilità sua, miracolosa e troppo a lungo ignorata, d’immetterne il testo nella storia, se non degli studi classici nostrali, almeno, e per certo, delle nostre lettere e della nostra cultura». Perciò la riproposta di questa classica versione offre, al di là dell’occasione per un contatto ideale con i grandi testi platonici, lo spunto per la ripresa di un discorso su quel momento della cultura italiana che da Gioberti, Leopardi, Manzoni, Bonghi scende fino a Croce, Gentile, Serra e Valgimigli.