cm. 20,5 x 12,5, pp. 464, brossura, firma di appartenenza, sottolineature a matita, per il resto in buone condizioni.
350 anni fa Galileo veniva condannato. Ma questo di Redondi non è un contributo celebrativo, di circostanza: è un libro profondamente, polemicamente innovatore. Di colpo esso sgombra il campo sia dalla celebrazione laica di Galileo, santificato (reliquie comprese) in età risorgimentale e positivista, sia dagli odierni tentativi di riabilitazione compiuti dall’autorità pontificia. Con una ricostruzione rigorosa l’autore dimostra che Galileo è stato condannato dalla Chiesa per motivi estranei a Copernico, all’esegesi biblica, agli abusi di potere e agli scontri personali col papa. Un documento del 1624 – un documento mai prima cercato rivela la vera imputazione lanciata segretamente contro Galileo dal Collegio romano dei gesuiti, la più autorevole istituzione culturale della Controriforma. Galileo era stato accusato di violare con le sue idee atomistiche il dogma tridentino dell’eucarestia. La storia della scoperta, nell’archivio romano del Sant’Uffizio, di questo documento decisivo s’intreccia a quella degli scontri (quello di facciata e quello reale) tra Galileo e i suoi avversari. Con la gioia di chi ricostruisce pezzo a pezzo una verità occultata per secoli l’autore ci conduce attraverso processi, feste, scuole, biblioteche e gallerie; fa rivivere i riti e i sentimenti religiosi; le passioni politiche e intellettuali; i libri e gli uomini. La versione ufficiale si dissolve: e il processo a Galileo, simbolo del conflitto tra scienza e fede, appare in una luce completamente nuova. Un libro appassionante, un libro straordinario.