cm. 21 x 14, pp. 478, brossura, in ottime condizioni.
L’arte militare italiana nel Medioevo e nel Rinascimento non ebbe rivali. Ai nostri condottieri e alle loro strategie si rivolsero molti regnanti per le proprie truppe mercenarie. Da Cangrande della Scala a Lodrisio Visconti, da Braccio da Montone al Carmagnola, dal Gattamelata a Giovanni dalle Bande Nere, i capitani di ventura si ergono a protagonisti di un particolare periodo della nostra storia con una forza vitale grandiosa, talvolta brutale, immagine autentica del potere politico riflesso su quello militare.
È il volto terribile di Bartolomeo Colleoni nella statua equestre del Verrocchio a Venezia: un’immobile massa di bronzo che domina con la sua potenza non solo una piazza, ma anche tutta una civiltà, quella delle Signorie e dei Principati. Il fatto contingente è inevitabilmente la battaglia, elemento di riferimento costante nella vita del condottiero, “campo di lavoro” dove si esercita il mestiere delle armi. Ma se allarghiamo l’obiettivo inquadriamo tutta la storia “ufficiale”, fatta di intrighi e congiure, saccheggi e stupri, passioni d’amore e di odio, tradimenti e vendette, fratricidi e duelli che offrono materia non solo alla cronaca, ma anche alla leggenda, all’aneddoto, alla ballata popolare.
Il libro ripercorre questa “avventura” esistenziale lunga quasi tre secoli attraverso le biografie dei centoventi più famosi capitani italiani, nel contesto delle quali finiscono per trovare un loro ruolo anche i numerosi condottieri più o meno “minori” sempre puntualmente ricordati là dove, come annotava Plutarco, “spesso una breve notizia, una frase, uno scherzo sono da soli sufficienti a rivelare il carattere di un individuo”.