cm. 20,5 x 12,5, pp. 208, brossura, fioriture al piatto anteriore, in buone condizioni.
Per essere democratici oggi è ancora necessario essere antifascisti? Il riferimento alla Resistenza è tuttora determinante? A quale Resistenza ci si deve riferire? Sono questi gli interrogativi con i quali si confronta Gian Enrico Rusconi, ripercorrendo alcuni passaggi decisivi che dalla Resistenza armata portano alla democrazia del 1945-47. Un momento centrale della nostra memoria storica e identità collettiva che si riflette inevitabilmente sul grado e sulla qualità della legittimazione della Repubblica. La ricognizione storica e politica dell’autore è volta a recuperare il valore e il significato reali dell’evento resistenziale nella pluralità delle motivazioni dei diversi antifascismi. I principali nodi toccati dall’analisi sono: l’attendismo di molti strati popolari, ormai dissociati dal fascismo, ma preoccupati più dei costi umani della guerra che di schierarsi attivamente con la Resistenza; le difficoltà di rapporto fra partigiani e Alleati; il problema della violenza e del terrorismo (il caso Gentile); la «querelle» sull’epurazione mancata e sull’amnistia; la strategia togliattiana e la nascita della questione comunista. Nell’esaminare infine i problemi connessi al postfascismo, Rusconi suggerisce che nel successo del centro-destra si esprima una tacita riabilitazione dell’attendismo storico, quasi a sancire il superamento dei concetti di fascismo e antifascismo. ln realtà, soltanto ‘ emancipando l’antifascismo dalle ipoteche comuniste e dalle incongruenze del postfascismo è possibile riaffermare il nesso tra Resistenza e democrazia.