cm. 18 x 10,5, pp. 162, brossura, in buone condizioni.
L’«eurocomunismo» e il socialismo sovietico sono oggi per il Pci due poli di riferimento fondamentali. Il primo rappresenta ancora un progetto ideale, di difficile costruzione; il secondo costituisce una «realtà» in cui il socialismo si presenta con «tratti» sempre più imbarazzanti. Ma alle spalle del Pci non sta soltanto la deformazione del socialismo di matrice staliniana: sta anche un patrimonio teorico quale quello di matrice leniniana e gramsciana legato all’obiettivo della dittatura del proletariato, ormai rifiutato dal Pci e dagli altri partiti comunisti europei in nome di una strategia democratico-riformatrice. Nei saggi qui raccolti, scritti fra il 197 5 e il 1978, l’autore pone al centro la convinzione che il Pci è giunto ad un punto in cui, per poter esprimere nel modo politicamente più incisivo la propria funzione di partito democratico-riformatore, quale in effetti è, deve affrontare più apertamente e in tutta la sua portata il problema dell’incompatibilità dei valori dell’«eurocomunismo» con quelli su cui poggia il socialismo sovietico e al tempo stesso condurre un ripensamento critico, libero da «patriottismi» di partito, della sua tradizione teorica, in relazione al proprio ruolo in una società come quella italiana ed europea di oggi. La conclusione dell’autore è che l’«eurocomunismo» per un verso e l’«eurosocialismo» per l’altro potranno diventare un agente attivo di trasformazione sociale in Europa soltanto se riusciranno ad avviare il superamento delle scissioni sorte nel movimento operaio europeo nel primo dopoguerra.