cm. 20 x 12, pp. 386, brossura, in ottime condizioni.
Romanzo anomalo, racconto di confine tra storia e alpinismo, «bello, denso e drammatico» come ha scritto Mario Rigoni Stern. Saga secolare in bilico tra contrapposti nazionalismi, «scrupolosa nei dettagli e ansiosa di chiarezza» secondo gli storici Apih e Sala. Ma anche ironico e coinvolgente ritratto di famiglia delle sezioni del CAI ritrovatesi prima austro-ungariche, poi italiane, inglobate nel III Reich, occupate dalla Jugoslavia comunista, dagli anglo-americani, e infine smembrate tra Italia e Jugoslavia.
Negli amori e negli odi tra gli alpinisti della sua terra – cioè massoni irredentisti o fedelissimi all’Austria, scrittori come Italo Svevo, Umberto Saba, Scipio Slataper, cinque ministri triestini del Duce, alpinisti ebrei perseguitati anche nel CAI e giovani rocciatori caduti nella Resistenza – Sirovich cerca il bandolo della sua identità di uomo di frontiera e lascia aperto un interrogativo imprevisto e inquietante.