cm. 21 x 12,5, pp. 128, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Il libro “Il mio Carso” di Scipio Slataper, pubblicato nel 1912 dalla “Libreria della Voce” di Firenze, rappresenta un’opera poliedrica che abbraccia diverse definizioni di genere letterario. Questo romanzo autobiografico è caratterizzato da elementi di formazione e autobiografia lirica, nonché da tratti di poema. Il suo stile si inserisce sia nel contesto del racconto autobiografico anticonformista adottato da alcuni scrittori “vociani” come Papini, Soffici e Jahier, sia nella pratica frammentaria tipica di molti autori vociani.
“Il mio Carso” si distingue per la sua originalità sia nella pluralità di prospettive di genere utilizzate, tra cui autobiografia, diario, saggio, racconto, romanzo, manifesto, apostrofe oratoria, ecc., sia nella varietà di toni che caratterizzano le sue pagine. Questi spaziano dal lirico al tragico, dal visionario all’avventuroso, dal caricaturale al grottesco, e dal comico al sentimentale. L’opera si impreziosisce ulteriormente grazie all’affermazione di volontà e intenti, all’enunciazione di programmi, alla riflessione etica e all’analisi psicologica dell’autore.
La prosa di “Il mio Carso” è altrettanto suggestiva, passando da momenti di grande tensione, enfasi e turbolenza a istanti di estrema essenzialità e asciuttezza. Questa tecnica stilistica mira a evidenziare i diversi momenti di formazione del protagonista, dalla sua infanzia e adolescenza fino alla maturità intellettuale e sentimentale, nonché alla presa di coscienza dei compiti che lo attendono nella vita civile e professionale, spesso attraverso esperienze dolorose.
La vicenda narrata in “Il mio Carso” si svolge principalmente tra Trieste, luogo di formazione e centro economico con influenze culturali diverse secondo i progetti di Slataper, Firenze, città di studio e vita intellettuale che potrebbe mancare, secondo l’autore, dell’energia e del vigore necessari per un’opera di riforma, e il Carso, inteso anche come l’entroterra della città, un serbatoio di energie inespresse e simbolo di un mondo ancora primordiale e ricco di potenzialità.