cm. 21 x 14, pp. 296, brossura, in ottime condizioni.
Quarant’anni sono trascorsi da quando i greci dell’Asia Minore sono stati deportati dalle terre dei loro avi. Si tratta di uno dei capitoli più sconvolgenti della nostra storia recente.
Coloro che hanno vissuto quel periodo tormentato se ne stanno andando uno dopo l’altro insieme con l’immediatezza della loro testimonianza. I tesori del popolo scompaiono o vengono imbalsamati negli archivi storici. “Gli occhi dei morti non versano lacrime”, recita un proverbio dell’Asia Minore.
Ho deciso di inchinarmi al ricordo dei vivi. Ho auscultato, con affetto e angoscia, il battito dei loro cuori, che conservano i ricordi come i ramoscelli di ulivo e le corone nuziali davanti alle immagini sacre. La figura di Manolis Axiotis, il narratore del libro, simboleggia il contadino dell’Asia Minore arruolato nei battaglioni di lavoro durante la guerra del 1914-18, che in seguito ha vestito la divisa dell’esercito greco, e che ha assistito alla catastrofe del suo popolo, che ha vissuto la prigionia e la vita difficile del profugo, che per quarant’anni ha lavorato come portuale e sindacalista, e che infine ha combattuto nella Resistenza.
Un giorno è venuto a trovarmi e mi ha consegnato un quaderno con le sue memorie. Da quando era andato in pensione, si era messo a riportare, con la sua scrittura incerta, gli eventi di cui era stato protagonista negli ultimi sessant’anni.
Sono stati testimoni oculari come lui a offrirmi il materiale necessario a scrivere questo romanzo. A guidarmi è stata soltanto la volontà di ricostruire un mondo perduto per sempre. Affinché i vecchi non dimentichino e i giovani possano valutare rettamente.