cm. 18 x 10,5, pp. 230, brossura, in ottime condizioni.
Questo libro ricostruisce uno dei più singolari episodi della lotta di classe in Italia: l’occupazione delle fabbriche da parte degli operai metallurgici nel settembre del 1920. È il momento della «grande paura» da parte della borghesia, la svolta nella crisi del primo dopoguerra. Il fallimento politico dell’occupazione, a cui parteciparono più di mezzo milione di operai, aprì la strada alla reazione fascista. L’autore ha esaminato la vicenda fase per fase, attento all’intrecciarsi della contesa al «vertice» con gli sviluppi sociali nuovi della vertenza: in primo piano, con gli «occupanti», stanno i sindacati operai e imprenditoriali, e Giolitti la cui condotta otterrà un grande seppure effimero successo. Senonché, il tema e la trattazione – arricchita da numerosi documenti d’archivio offerti in appendice – si prestano a una lettura «attuale» che può porre in nuovo rilievo il nodo centrale: il rapporto tra la spontaneità delle masse e l’opera delle loro dirigenze «istituzionali», il partito e l’organizzazione sindacale. È dalla mancata risoluzione di questo rapporto che è nato il dramma della sconfitta operaia del 1920. Di qui l’interesse principale di una lezione storica, e le suggestioni analogiche che presenta con fatti e occasioni che si succedono nella cronaca dei nostri giorni, in Italia come in Francia e altrove.