2 voll. con astuccio, cm. 17,5 x 11, brossura, in ottime condizioni.
Scritte nel II sec. d.C. da un letterato che fu seregretario dell’imperatore Adriano, Svetonio, le «Vite del Cesari» hanno goduto nei secoli di una fama costante, se pur variamente motivata: le si è lette come manuale di perversioni gali, come ipotetico (quanto improbabile) manifesto di opposizione, come attendibile e prezioso repertorio di documenti ufficiali. In effetti, in quest’opera di piccante lettura (non a caso prediletta dal pubblico smaliziato del Sette cento) confluisce un materiale incredibilmente disparato e attinto ai più vari canali d’informazione. Svetonio è un udito di fama, un burocrate che ha accesso agli archivi di Stato, ma è anche un uomo di mondo, vivace «anedoctier»: cita brani inediti di lettere imperiali, ma anche salaci storielle di palazzo; da ti inappuntabili sull’amministrazione dell’impero e insieme frivoli pettegolezzi; resoconti di sedute ufficiali e aberranti segreti d’alcova (nessun dettaglio omesso); il tutto imperturbabilmente incasellato secondo le scansioni previste dal genere della biografia ellenistica. Quel che ne risulta è un testo eterogeneo, sconcertante, remoto dalla «gravitas» della storiografia latina tradizionale. Cronache della regalità domestica, è stato detto. E tuttavia, nelle «Vite dei Cesari» c’è ben più di una pedantesca compilazione o di un agile pamphlet scandalistico. Circola in esse un senso crudo e disincantato della realtà esistenziale, la coscienza che anche per i grandi della storia il vivere ingloba esperienze molteplici, decoro esteriore ed effimera quotidianità, banalità e splendore, controllo di sé ed abbandono ai più oscuri richiami dell’istinto.