cm. 18 x 11, pp. 354, brossura, in buone condizioni.
Quando Italo Svevo pubblicava Una vita (1892), la corrente letteraria dominante in Italia era quella veristica che aveva nel Verga il suo maggiore esponente, mentre nella narrativa del decadentismo si affermava la prosa inquieta e sensibile del Fogazzaro e quella sonora e aristocratica del d’Annunzio. In questo panorama letterario lo Svevo non poteva non figurare come un isolato e la sua opera estranea per stile e contenuti al momento letterario. Solo dopo la «scoperta» montaliana dello Svevo nel 1925 si risalì a Una vita per ritrovare in essa gli elementi fondamentali della sua tematica. In realtà, la figura di Alfonso Nitti, di questo «sognatore» timido e solitario, di questo deluso eroe della rassegnazione e dell’inettitudine (non per nulla il titolo originario di Una vita era Un inetto) rappresenta la prima individuazione di quel tipo di «vinto della vita», incapace di vivere se non interiormente, che sarà il costante protagonista delle opere successive dello Svevo, fratello minore dell’Emilio Brentani di Senilità e dello Zeno della Coscienza.