cm. 21 x 15, pp. 178, brossura, in buone condizioni.
Per molto tempo Tzvetan Todorov, esule volontario a Parigi, ha avuto un sogno ricorrente: è di nuovo a Sofia, dove rivede amici, parenti, luoghi amati; poi, alla partenza, qualcosa si mette male e non riesce a tornare in Francia. Da un certo momento i sogni del ritorno impossibile scompaiono: da quando, nel maggio del 1981, Todorov dopo diciotto anni torna a Sofia per davvero. Dall’esperienza di quel ritorno in Bulgaria, e dal disagio provato in quei giorni, scaturiscono le riflessioni di questo libro. I problemi che si pone l’autore – bulgaro di nascita, francese d’elezione, intellettuale per vocazione – sono le questioni concrete di questa fine secolo: la caduta delle ideologie, il fallimento dei regimi totalitari e come si debbano valutare i crimini che sono stati compiuti: il modo in cui la Francia ha fatto i conti con Vichy può proporsi ad esempio per i tribunali dell’Est che dovranno giudicare i delitti dei passati regimi? Ma anche la ripresa dei temi della razza, nelle forme tragiche delle «pulizie etniche», come in quelle, solo apparentemente innocue, di certe rivendicazioni delle identità nazionali; o la censura e la libertà d’espressione (il caso Rushdie può insegnare parecchio). Dobbiamo forse rinunciare a giudicare il passato? A cercare ancora soluzioni che contemplino la consapevolezza dell’identità e il riconoscimento tollerante della diversità? Il panorama di fine millennio appare deprimente: nella postmoderna era del post-totalitarismo, del post-strutturalismo e di una minacciosa post-democrazia, si rischia di precipitare verso uno sconsolante terzo millennio del post-umanesimo. Con il suo sguardo critico e disincantato, Todorov ci avverte, e ci fa vedere con una quantità di esempi come si possa non fuggire dalla responsabilità.