cm. 22 x 14, pp. 156, brossura, dedica autografa dell’autore, macchie al piatto posteriore, in buone condizioni.
L ‘ultimo paese colma un vuoto antropologico, pur nella sua indubbia dominante letteraria. Mancava un libro capace di stringere, in una sintesi nitida e intensa, una civiltà tramontata, quella dell’Ultimo paese, appunto, un villaggio presso le rive del Taro e del Po che potrebbe essere un qualunque altro paese di quella vasta zona geografica. Il mondo contadino padano che Olmi ha ricostruito nella variante bergamasca di fine secolo e raccontato con la cinepresa, Tonna l’ha narrato con inchiostro indelebile, attinto alla memoria personale del «paese» natale, dove la storia sembrava ripetersi circolarmente, resistendo perfino alla frattura crudele della seconda guerra mondiale, prima di scomparire inghiottita da un’altra civiltà, più potente dei tanks. L’aggettivo «ultimo», che all’interno del libro trova una giustificazione spaziale (Torricella è definita dal padre della Signora «ultima Tule»), acquista per noi un significato cronologico: è ultima, perduta propaggine di una civiltà secolare per sempre perduta. […] Il romanzo, che non contiene una vera azione, racconta un paese e una pagina di civiltà. La narra spostando la cinepresa su una galleria di personaggi, che diventano, uno dopo l’altro, il punto di «focalizzazione» senza che nessuno sia, veramente, il protagonista. O meglio: ogni personaggio diventa, per qualche pagina, protagonista assoluto (l’istintiva democrazia di Tonna lo attrae verso ogni figura umana, l’umile e la sublime, la tragica e la comica); poi si ritira in secondo piano, senza scomparire: e alla fine la somma delle figure esemplari costruisce un ricco polittico, anzi una grande, unitaria pala.