cm. 21,5 x 14, pp. 806, copertina rigida, in ottime condizioni.
LA CODA DI MINOSSE, vita d’un uomo e storia di un’impresa: cinquant’anni di vita sullo sfondo di cinquant’anni di storia, un’autobiografia avvincente e la drammatica cronaca dell’ultima spedizione polare dei tempi eroici, quella di Nobile sul dirigibile «Italia», conclusasi nella tragedia. L’Autore, dotato di una straordinaria memoria e provvisto di una documentazione eccezionale, ci narra la sua vita senza nulla aggiungere o abbellire o nascondere; la narrazione, condotta con stile personale ed efficace, avvince come un romanzo. I fatti si susseguono, gli eventi incalzano, appaiono e scompaiono personaggi ignoti e illustri: gli albori dell’aviazione, la vocazione aeronautica dell’Autore, il primo volo, poi la guerra, Caporetto, la prigionia; il dopoguerra, l’università, l’inizio del lavoro di progettazione e realizzazione di dirigibili. Delusioni, incidenti, disastri, voli in dirigibile e in aeroplano, soggiorno in Giappone, le fasi della spedizione dell’«Italia», il volo verso la meta, la caduta, i giorni drammatici dei sopravvissuti sotto la Tenda Rossa in un alternarsi di speranza, di terrore, di disperazione, di tutti i senti- menti che nascono e si confondono in chi sente all’improvviso tutta la precarietà della propria esistenza. L’Autore ce ne narra la storia vera e definitiva, ce la narra senza scrupoli e senza reticenze. Il naufrago della Tenda Rossa che finora tacque, finalmente parla, e ci dà anche, basato su dati inconfutabili, il commento critico alla relazione della Commissione d’indagini per la spedizione polare dell’aeronave «Italia», che fu nominata dal governo fascista. Al ritorno dalla spedizione, la coda di Minosse continua ad avvolgere, continua a giudicare fatti e uomini. Altre esperienze, altre amarezze, altri disastri: fatica senza gloria, tre anni nella Russia di Stalin, di aerei per l’Italia, la Seconda Guerra Mondiale, la disfatta, l’illusione di trovare serenità e oblio in un altro continente. Ora la strada è finita. L’amarezza di constatare che tutto fu vano, che tutto è nulla, è confortata dalla coscienza del dovere compiuto, dal pensiero di non avere abdicato la propria dignità, di non avere venduto la propria indipendenza.