cm. 21 x 14,5, pp. 230, brossura, in ottime condizioni.
Dai miti greci al Bartleby di Melville, dalla struggente tragedia amorosa di paolo e francesca alla venere in pelliccia di Von Sacher Masoch fino alla Noia di Moravia, la letteratura ha sempre raccontato con le sue opere il carattere instabile e la conseguente crisi di ogni cultura, la sua identità molteplice e i continui rimandi, incroci, ibridazioni e somiglianze che uniscono temi e autori apparentemente separati nel tempo e nello spazio. passando attraverso gli scritti di Rousseau, Caillois, Balthasar Gracian, Pavel Florenskij e soprattutto di René Girard, la teoria antropologica della mimesi permette di interpretare in modo unitario questa varietà di fenomeni apparentemente privi di relazioni e di porre l’attenzione su quell’unico procedimento che sin dalla fondazione del mondo gli uomini hanno adottato per ricreare la pace perduta: la ricerca di una vittima predestinata, quel capro espiatorio la cui uccisione si sostituisca a quella della comunità e ne rinsaldi il legame.
Se il dio della metafisica classica si rivela in gran parte una rielaborazione speculativa del linciaggio fondatore declinata in varie forme nel corso dei secoli, i vangeli perfezionano invece un contenuto di verità già apparso nella bibbia ebraica: l’insegnamento incontrovertibile dell’innocenza della vittima, di ogni vittima. la rivelazione della menzogna dei persecutori insegna così ad abbandonare l’ipnosi della violenza mimetica, a prendere congedo per sempre dal mito e a preferire l’impotenza del dio delle vittime alla potenza sacra della vittima uccisa.