cm. 19,5 x 11,5, pp. 192, brossura, leggere pieghe al piatto, in condizioni molto buone.
Nel febbraio 1983 uno scrittore viene inviato da un mensile in Alto Adige per un’inchiesta sul bilinguismo. Vi tornerà altre volte, spingendosi fino in Germania. Lo scrittore, che nulla sa della questione, crede di cavarsela con qualche nota di colore ma quando, arrivato a Bolzano, comincia a guardarsi intorno e a parlare con pubblici amministratori, politici, giornalisti, imprenditori, sindacalisti, sportivi famosi come Messner e gente qualunque, vede pian piano delinearsi un quadro inquietante e paradossale. L’Alto Adige è il paese. in cui tutto è separato e tutto è doppio, in cui è stato attuato – con la connivenza dei governi di Roma – un sistema sofisticato di sostanziale apartheid, che emargina una minoranza di 120.000 italiani in uno Stato che dovrebbe essere il loro, rendendoli come invisibili. Caso forse unico al mondo, una maggioranza, quella di lingua tedesca, si governa in quanto maggioranza e si tutela in quanto minoranza; si attribuisce tutti i privilegi del più forte e tutti i diritti del più debole. Il libro di Sebastiano Vassalli non rivela soltanto una realtà locale, anche se drammatica e gravida di pericoli, ma investe un problema di dimensioni europee, quello dei rapporti tra genti che parlano lingue diverse.
Non è un libro di parte. Semmai, come spiega Vassalli, è scritto dalla parte di chi non ha altra patria che il proprio lavoro e dopo aver contribuito in maniera determinante allo sviluppo e al benessere di una regione vuole diventarne cittadino a pieno titolo, perché non può più emigrare e nemmeno può accettare di continuare ad essere precario, di trasmettere ai figli la sua precarietà… In Sud Tirolo come in Australia; in Germania come in America».