2 voll., cm. 21,5 x 15,5, pp. 1064, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Con l’albeggiare della rivoluzione americana si apre la crisi decisiva dell’Antico Regime. Sette anni di dura guerra scossero i grandi stati dell’Occidente: la Gran Bretagna, la Spagna, la Francia, il Portogallo. Dalla volontà di resistenza e d’indipendenza si passò alla proclamazione dei diritti degli uomini, dalla libertà del commercio dei grani al tentativo di smantellare l’intero sistema mercantilistico. Londra parve vicina a una rivoluzione. Madrid dovette fare i conti con la maggiore rivolta del Perù, quella di Tupac Amaru. Parigi dimostrò presto di essere incapace di raccogliere i frutti della sua difficile vittoria. Con gli anni ’80 andò tramontando la generazione dei philosophes, mentre si affermavano nuovi e violenti polemisti: Raynal, Linguet, Brissot, Marat, Mirabeau. Invano le arcaiche e gloriose repubbliche di Ginevra e dell’Olanda tentarono di prendere la guida del generale moto di libertà che andava scuotendo l’Europa: vennero schiacciate dalle monarchie assolutistiche, la Francia, la Prussia, la Sardegna. Le speranze e le volontà di riforma si concentrarono attorno all’imperatore Giuseppe II, che sembrò riprendere il cammino della rivoluzione religiosa arenatasi nel Cinque e Seicento e aprire le vie della tolleranza, tentando insieme di abolire la servitù dei contadini e rinnovare dalle basi lo stato plurinazionale ereditato dai suoi maggiori. Le rivolte della Transilvania, del Belgio, dell’Ungheria segnarono i limiti dell’opera sua. Contemporaneamente, nell’impero di Caterina II, andò approfondendosi la coscienza del passato e delle possibilità future della Russia, mentre il moto riformatore della società venne sempre più deviato dalla volontà d’espansione dell’imperatrice e della violenta e intraprendente nuova classe dirigente sorta intorno a lei. La guerra dei tre imperi – Turchia, Austria, Russia – segnò il momento culminante di questa multiforme trasformazione dell’Antico Regime nell’Europa Orientale. Come nei volumi precedenti, anche in questo il dramma dell’Europa settecentesca viene osservato attraverso i molteplici prismi della pubblicistica italiana, ricca e scintillante in un’epoca vivacemente cosmopolitica. Viste da Torino e Venezia, Milano e Firenze, Roma e Napoli, le vicende del Settecento prossimo alla sua conclusione sfilano dall’Occidente verso l’Oriente, da Filadelfia a Pietroburgo e Stoccolma, per poi tornare a fissarsi, all’inizio del 1789, a Parigi, dove fermenta ormai la rivoluzione di Francia.