cm. 20 x 13, pp. 384, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
La Vita di Ilarione e In memoria di Paola, comprese in questo quarto volume di Vite dei Santi, sono state composte dal più contraddittorio e bizzarro tra i santi cristiani. San Girolamo è stato il massimo traduttore della Bibbia e un vivacissimo epistolografo: un pole mista feroce ed ingiusto e un nostalgico asceta; e non ha mai saputo dimenticare l’amore per lo stile e per la parola nemmeno negli estremi slanci religiosi.
La Vita di Ilarione è una deliziosa invenzione letteraria. Da principio, Girolamo vuole disegnare il ritratto di un sant’Antonio palestinese, che vive di radici crude e di erbe dei campi sul margine del deserto. Ma il nuovo Antonio è perseguitato dalla forza miracolosa che si nasconde nel suo corpo: fa miracoli controvoglia, con una specie di ironia e di disprezzo, costretto dai fedeli. Così egli fugge la Palestina dove è conosciuto; e, a questo punto, la Vita di Ilarione si trasforma in un divertentissimo racconto di avventure, di viaggi, di fughe in luoghi sempre più lontani e di miracoli sempre più assurdi e quasi umoristici.
In memoria di Paola è la storia di una grande aristocratica romana, che abbandonò la sua città, la sua famiglia, le sue ricchezze, per vivere nei luoghi dove Cristo aveva vissuto. A questa donna, Girolamo fu profonda mente legato; e, nel corso di due veglie dolorosissime, mentre le dita gli si irrigidivano sullo stilo, egli disegnò il ritratto della sua figura tenace, ostinata, incapace di moderazione, desiderosa di superare qualsiasi limite umano. Sullo sfondo sta la Palestina del quarto secolo, che Paola e Girolamo visitano come pellegrini. Cono sciamo così i luoghi santi, quali erano allora: il sepolcro di Cristo, il presepe di Betlemme, la quercia di Abramo, la tomba di Rachele e tutti i nomi che portano con sé il profumo della Bibbia: Sion, Engaddi, Gerico, Cana, il monte Tabor, il lago di Tiberiade…
Opera di Sulpicio Severo, la Vita di Martino ci trasporta nella Gallia del quarto secolo. Di famiglia militare e soldato per molti anni, Martino trasformò la sua milizia di soldato in milizia di Cristo. Eremita nell’isola Gallinaria, vescovo-asceta, mai in collera, mai turbato, mai afflitto, mai ridente, tanto da sembrare estraneo alla natura umana, egli visse la sua fede come una battaglia quotidiana. Lottò contro i contadini della Gallia, che veneravano la dea Cibele: distrusse con le sue mani i templi e gli idoli pagani, come se il Dio nel quale credeva così profondamente fosse in primo luogo l’oscuro Dio della forza.