cm. 18 x 12, pp. 254, in ottime condizioni.
Il tema della Resistenza, da “Uomini e no” a “Il clandestino”, ha un suo filo individuabile nel lavoro della nostra narrativa. È a questo filo che si innesta, superata la condizione psicologica del dopoguerra, il “diario” di Giovanna Zangrandi, e vi si innesta con una forza che conferma insieme le doti di una scrittrice e quelle di una personalità civile.
Diario, non romanzo. A parte il problema se si possa o no far romanzo su una materia come quella della Resistenza, qui abbiamo una cronaca volontariamente umile, appena alta da terra, di quel che significò quella cruda guerra per tanta gente del Cadore. Tornano così i nomi delle formazioni (Brigata Calvi, Battaglione Strissi, Divisione Nannetti…) e i nomi delle persone (Matteo, Spirito, Radiosa Aurora, Montagna, Burrasca…). Grandi e piccoli, morti e vivi: tutti a incarnare e smuovere fatti e idee che, a distanza di tanti anni, potrebbero sembrare ossidati e ingrigiti da tutto ciò di diverso che c’è stato dopo.
La Zangrandi procede per modi ora lirici ora oggettivi, frantumando e ricomponendo di continuo la materia, lavorandovi dal di dentro per tagli bruschi, con un “nervosismo” che spesso scopre nuovi aspetti delle cose. Il risultato, pur attraverso vivacità e crudezze di tipo impressionistico, è di far rivivere, di riportare in primo piano, nonostante una distanza ormai storica, brani e brani di quel vero “paese Italia” che andava formandosi a lacrime e sangue nei durissimi anni 1943-1945.